Position Paper Seconda Edizione aggiornata
Introduzione
Finalmente, in seguito alla nota situazione contingente, di telemedicina si parla anche sui canali di comunicazione più generalisti. Finalmente se ne scoprono le potenzialità e i vantaggi, in un momento in cui lo spostamento di persone e di risorse diventa giustamente una cosa da evitare al massimo.
Questo Paper si propone l’obiettivo di fornire alcuni esempi pratici di possibile applicazione – anche in tempi molto rapidi e a costi limitati – di un primo sottoinsieme di servizi di telemedicina, con particolare riferimento alla televisita, teleconsulto e telemonitoraggio.
Nel Paper IMIS precedente (“Appunti per un piano straordinario di investimenti in telemedicina”, 12 marzo 2020) si è fornito un inquadramento generale dell’argomento analizzandone la sostenibilità economica e lanciando una proposta per un intervento straordinario volto a finanziare la diffusione di piattaforme e servizi specifici.
Con questo secondo Paper, rivolto prevalentemente agli Operatori Sanitari, si intende fornire una panoramica “non tecnica” sui possibili ambiti applicativi che non richiedono investimenti impegnativi ma che possono rappresentare una soluzione rispetto ad alcuni problemi ricorrenti soprattutto rispetto alla cura e all’assistenza di pazienti cronici.
Questo Paper è la versione aggiornata del precedente, pubblicato il 12 marzo 2020.
Telemedicina e cronicità
La necessità di garantire continuità di cura e un canale costante di comunicazione tra medico e paziente in situazioni di cronicità è evidente a tutti.
In assenza di continuità si innesca un circolo vizioso fatto di tendenza all’abbandono da parte del paziente e conseguenti rischi elevati di riacutizzazione che a loro volta si traducono in prestazioni non pianificate e comunque da assicurare.
Prescindendo dall’utilizzo di soluzioni tecnologiche (telemedicina) un modello di continuità al massimo della sua efficacia è impraticabile: abbondanza di domanda e scarsità di offerta effettivamente erogabile.
Ultimo stadio del circolo vizioso: tempi d’attesa sempre più lunghi.
Il disaccoppiamento fra i luoghi, quello dove si trova il paziente e quello dove si trova il medico (o l’infermiere), risolve in moltissimi casi il problema rendendo immediato o quasi l’accesso alla prestazione.
Proviamo a ipotizzare alcune possibili situazioni gestibili utilizzando piattaforme e applicazioni di telemedicina relativamente a due contesti: l’oncologia e la pneumologia. Per entrambi i casi, qui di seguito si provano a descrivere processi di assistenza da remoto.
Si è deciso di descrivere questi due contesti per ragioni puramente casuali: non mancano applicazioni pratiche in altri contesti più o meno complessi, dalla diabetologia alla neuropsichiatria. In prossimi Paper saranno affrontate altri contesti di possibile applicazione, con l’obiettivo di completare una panoramica esauriente anche se non esaustiva.
Il contesto oncologico
Il teleconsulto e la televisita
I pazienti oncologici che hanno terminato l’ospedalizzazione e seguono un percorso ambulatoriale godono di un’assistenza continuativa ma non per questo sono esenti da momenti di “vuoto assistenziale” alcuni dei quali possono intervenire in occasioni critiche come ad esempio un incremento del dolore o l’emergere di sintomi che a volte non hanno nulla a che fare con la patologia principale ma che – giustamente – creano allarmi e stati d’ansia.
Sovente questo tipo di situazione viene gestita telefonicamente: si chiama il MMG o l’oncologo di riferimento e si tenta di risolvere la criticità.
Alcune strutture (tipicamente private) offrono servizi di teleconsulto “asincrono”: il paziente espone il suo problema via mail e riceve risposta sempre via mail o attraverso una chiamata telefonica nell’arco di un paio di giorni.
Trascurando i pur evidenti problemi di violazione della normativa in materia di privacy, si tratta di “prestazioni” la cui reale efficacia è tutta da dimostrare. Molto spesso si tratta di interventi finalizzati a rassicurare e sedare gli stati d’ansia in attesa di un accesso in ambulatorio o della visita a domicilio del medico.
L’adozione di una piattaforma di teleconsulto e televisita consente l’erogazione di servizi di un livello più elevato e di maggiore efficacia. Per quanto riguarda il teleconsulto, un caso già attivo è quello basato sulla App “NexTelemed” sviluppata dalla ASST Rhodense in collaborazione con un partner privato, col sostegno di un’azienda farmaceutica. L’App consente al paziente domiciliarizzato di prenotare una videochiamata e – una volta in linea – condividere parametri vitali e valutare il livello di dolore e avviare una videoconversazione. Viene utilizzata su un centinaio di pazienti oncologici in cure palliative e – ovviamente – è in funzione 24 ore su 24 per 7 giorni la settimana.
La televisita (che è un atto medico a tutti gli effetti) utilizza una piattaforma del tutto simile ma ha un campo d’applicazione differente: viene utilizzata soprattutto nei casi in cui il paziente è ricoverato in una struttura non particolarmente specializzata e il medico “locale” richiede una vera e propria visita a uno specialista che si trova in un’altra struttura e/o località. Il medico remoto accede a tutta la storia clinica del paziente, condivide la lettura dei parametri vitali, può richiedere lo scatto di fotografie a parti anatomiche e visualizzarle in tempo reale, e così via. Al termine della televisita può fare prescrizioni farmacologiche e/o diagnostiche di approfondimento.
La televisita può anche funzionare in modalità diretta “one to one” fra paziente e specialista. Succede quando i due non risiedono nella stessa città e la non particolare gravità della situazione consente questa modalità in sostituzione dello spostamento fisico del paziente.
Qualora necessario, in associazione ai normali dispositivi per la rilevazione dei parametri vitali e alla condivisione di immagini si utilizzano (ovviamente nei casi in cui il paziente si trova in una struttura ospedaliera o ambulatoriale in compresenza di un medico) altri dispositivi quali ad esempio sonde endoscopiche.
L’assistenza psiconcologica a distanza
I pazienti oncologici hanno diritto all’assistenza psicologica erogata dalla struttura ospedaliera di riferimento e – qualora accettino di usufruirne – accedono a un percorso composto da una prima seduta di consulenza e screening, da tre colloqui di assessment e da un successivo percorso di 5-10 sedute.
Al termine, qualora lo psicologo e il paziente ne ravvedano la necessità, il paziente viene indirizzato ai servizi psicologici territoriali per ricevere ulteriore supporto. Per molti pazienti l’accesso a queste prestazioni rappresenta un problema in ragione di difficoltà logistiche nello spostamento (distanza fra la struttura erogatrice e l’abitazione) e non dappertutto sono disponibili psicologi territoriali per interventi a domicilio (che comunque, solitamente, si effettuano su pazienti terminali).
Inoltre, in molte realtà soprattutto di provincia, un altro problema è relativo alla mancanza di psicologi in numero sufficiente a soddisfare interamente la domanda, con conseguente diradamento dei cicli di sedute.
Non sono disponibili dati affidabili relativi alla percentuale di abbandono dovuto a difficoltà di spostamento del paziente, né tantomeno dati relativi alla insufficienza di psicologi da dedicare a questo tipo di assistenza.
Anche se non ancora definitivamente accettata e riconosciuta come pienamente efficace, la pratica della teleseduta psiconcologica è già attiva, soprattutto in strutture private. Sarebbe comunque interessante quantomeno effettuare qualche test con l’obiettivo di verificare la reale adottabilità e l’efficacia clinica di questa tipologia di intervento.
In questa situazione di emergenza COVID-19, anche grazie all’iniziativa di società scientifiche e di singoli professionisti, si stanno diffondendo iniziative e servizi sia in ambito pubblico che privato, con l’obiettivo di fornire supporto a pazienti oncologici sottoposti a stress con la preoccupazione di risultare particolarmente esposti al virus.
Il teleconsulto preliminare
Un ulteriore possibile ambito di applicazione è quello relativo al teleconsulto di livello preliminare, quando cioè non si è di fronte a una diagnosi di neoplasia ma solamente a un’ipotesi diagnostica del MMG/PLS che decide a quel punto di sottoporre il paziente a una visita specialistica di approfondimento. Ogni anno in Italia si verificano non meno di 370 mila nuovi casi di tumore e in molti casi i destinatari di queste diagnosi ritengono utile (anche su suggerimento del MMG) consultare specialisti particolarmente noti, affrontando in molti casi viaggi su e giù per la Penisola. In molti casi, perlomeno in prima visita, lo specialista consulta tutta la documentazione diagnostica e suggerisce o prescrive ulteriori accertamenti prima di esprimere un parere definitivo.
Il teleconsulto consente il trasferimento online di tutta la documentazione relativa agli esami compiuti. Lo specialista è inoltre in grado di raccogliere l’anamnesi direttamente dal paziente o – meglio ancora – dal MMG nel caso di un teleconsulto “a 3”. Questa modalità non sostituisce sempre e comunque la visita specialistica vera e propria, ma quasi sempre è in grado di assolvere i compiti di una prima presa di contatto e a una prima prescrizione di eventuali altri esami preliminari.
La teleriabilitazione oncologica
Semplificando un quadro che è sicuramente più complesso e articolato, ci sono tre momenti di riabilitazione per pazienti oncologici: la riabilitazione immediata, effettuata in concomitanza e nell’immediato prosieguo di un intervento chirurgico o nel corso di cicli chemio o radioterapici (recupero motorio e funzionale); la riabilitazione continua durante la fase cronica; la riabilitazione in fine vita. Il considerevole accrescimento della domanda (nuovi pazienti oncologici) provoca difficoltà di copertura da parte delle strutture di riabilitazione. Inoltre, per molti pazienti lo sforzo di recarsi in struttura per eseguire gli esercizi può risultare eccessivo.
Per quanto riguarda i pazienti in fine vita e domiciliarizzati, dove è ovviamente impossibile spostare il paziente e dove sovente si incontrano problemi nel reperire personale disponibile, la situazione di incapacità nel soddisfare interamente la domanda è ancora più critica.
La possibilità di fornire prestazioni in remoto (teleriabilitazione oncologica) costituisce una soluzione – sicuramente non applicabile in modo universalistico ma comunque quantitativamente e qualitativamente significativo – che può risolvere le criticità sopra elencate.
Da tempo, negli USA, la Mayo Clinic effettua interventi di teleriabilitazione a due livelli: un livello “basic” dove il contatto fra paziente e riabilitatore è esclusivamente telefonico e si basa sull’ascolto dei problemi del paziente e la esortazione a compiere esercizi che vengono poi puntualmente descritti, e un livello più avanzato che prevede sedute in collegamento audio-video con la possibilità da parte del fisioterapista di controllare e modificare la postura del paziente e/o altre situazioni scorrette.
L’AIRC riporta sul suo sito (https://www.airc.it/news/una-telefonata- che-migliora-la-vita-0519) il caso Mayo Clinic, offrendoci alcuni risultati dell’attività di teleriabilitazione effettuata nel corso di uno studio condotto su 500 pazienti al terzo e quarto stadio con tumori solidi o ematologici: secondo quanto riporta il sito AIRC : “A distanza di 6 mesi, i pazienti a cui è stato offerto il servizio di teleriabilitazione hanno mostrato un miglioramento nelle capacità fisiche e nella qualità di vita significativamente maggiore dei pazienti a cui il servizio non è stato offerto. Grazie alla riabilitazione, l’intensità del dolore percepito era più bassa e il dolore interferiva meno con la vita quotidiana. Inoltre, mentre i pazienti del gruppo di controllo avevano trascorso complessivamente 335 giorni in ospedale, i pazienti assegnati alla teleriabilitazione ne avevano trascorsi 213, poiché i singoli ricoveri erano stati più brevi.”
La teleriabilitazione può essere utilizzata anche in contesti dove il paziente è fisicamente vicino a un fisioterapista non in possesso di cognizioni specifiche in ambito riabilitativo oncologico e i due si collegano in audio-video con un riabilitatore oncologico esperto. In questo caso abbiamo una sorta di “ibrido” fra il teleconsulto e la teleriabilitazione capace di incrementare l’appropriatezza del trattamento qualora il paziente abbia la capacità economica di pagarsi il fisioterapista locale e, vivendo in una località distante dalla struttura ambulatoriale di riferimento, preferisca non affrontare lo spostamento.
Il contesto pneumologico
In pneumologia la telemedicina – quantomeno per quanto riguarda il telemonitoraggio da remoto dei parametri vitali – è già molto utilizzata anche in Italia.
Quasi ovunque si invitano i pazienti ad acquistare a loro spese pulsossimetri Bluetooth e utilizzare il loro smartphone o tablet per comunicare con la struttura. Sovente si utilizzano piattaforme “Cloud” messe a disposizione dai produttori di pulsossimetri capaci di condividere i valori misurati attraverso una App utilizzata dal paziente e un accesso remoto consentito ai medici.
Non sono ancora molto diffuse piattaforme più evolute (già presenti negli USA, in Canada, in Spagna e nei Paesi del Nord Europa) che concentrano i valori dei parametri in arrivo dai pazienti nei loro server e inoltrano ai medici curanti esclusivamente gli allarmi relativi a valori anomali rilevati.
In questo modo il lavoro dei medici curanti è ridotto al minimo dovendo esclusivamente occuparsi delle criticità attraverso telefonate di approfondimento della situazione, alle quali fanno seguito visite a domicilio o convocazione del paziente in struttura.
La telespirometria è anch’essa una tecnica sperimentata da tempo e appartiene alla famiglia del teleconsulto: il paziente, dotato di una App specifica, si reca in una struttura dotata di spirometro (alcune Farmacie ne sono dotate) ed effettua il test. Naturalmente, se il paziente possiede uno spirometro Bluetooth può effettuare il test al suo domicilio. Attraverso l’App i risultati del test vengono inviati a un centro servizi o allo pneumologo curante per il controllo e le indicazioni cliniche pertinenti.
La telepulsossimetria dinamica viene utilizzata per acquisire dati durante tutta la notte e inviarli a un centro servizi (o alla struttura pubblica di riferimento, se attrezzata) per la valutazione della curva pletismografica e dei valori di frequenza cardiaca, saturazione O2 e indice di perfusione. Sostituisce, quanto meno in una fase iniziale, la polisonnografia.
Stanno cominciando a diffondersi anche sul mercato italiano dispositivi per la NIV e la C-PAP dotati di modulo Bluetooth e/o WiFi. Nella terapia C-PAP il paziente viene dotato del dispositivo e di una App che monitorizza i progressi effettuati. I dati possono essere condivisi con lo pneumologo. Anche i pazienti sottoposti a NIV domiciliare possono essere telemonitorati, evitando le procedure di lettura dei dati memorizzati nel dispositivo ed effettuati invitando il paziente a recarsi in struttura.
Le piattaforme necessarie
La maggior parte delle applicazioni pratiche di telemedicina sin qui descritte non richiede particolari attrezzature se non delle semplici postazioni di lavoro (Personal Computer) dotate di videocamera, microfono e altoparlante o cuffia.
È poi necessaria una piattaforma software concepita per il teleconsulto e la televisita e capace – se e quando necessario – di ricevere dalla postazione remota i valori misurati dai vari dispositivi collegati (misurazione dei parametri vitali, altri dispositivi eventuali).
La piattaforma e la rete di comunicazione dovranno garantire il pieno rispetto delle norme in materia di privacy e tutela dei dati personali.
In casi più complessi (dipendenti dalle singole specialità) potranno essere presenti nella piattaforma software funzionalità per l’erogazione di test specifici o altro.
La componente da acquistare, partendo dal presupposto che i Personal Computer già ci siano, è il sistema software di teleconsulto e televisita.
Si può optare per il noleggio o per l’acquisto, e i costi variano in funzione delle caratteristiche richieste: una soluzione “completa” e capace di servire un numero virtualmente illimitato di postazioni e di pazienti può costare da 80 a 150 mila Euro.
Al domicilio del paziente si utilizza normalmente un tablet fornito di SIM “solo dati” (in modo da evitare altri utilizzi impropri del device). La comunicazione avviene quindi in modalità wireless su rete 4G. Si utilizzano dispositivi per la misurazione dei parametri vitali forniti di possibilità di comunicazione “Bluetooth” in modo che i valori misurati vengano mandati direttamente al tablet e da questo alla postazione centrale in struttura. Una “postazione paziente” completa (compreso tablet e SIM) può costare intorno ai 7-800 Euro ma può essere noleggiata a un canone annuo che si aggira intorno ai 300-350 Euro
Diverso il discorso per le piattaforme di teleriabilitazione, che richiedono nella maggior parte dei casi software e hardware (sensori, accelerometri, ecc.) specifici. Una postazione centrale di teleriabilitazione può costare dai 30 ai 50 mila Euro, mentre l’attrezzatura completa da posizionare al domicilio del paziente costa intorno ai 1.500-2.000 Euro.
Conclusioni
Come si è già detto, la telemedicina è “anche altro” oltre che teleconsulto e televisita ed è applicabile praticamente in tutte le branche specialistiche.
In neurologia, ad esempio, si sta già facendo molto, soprattutto per quanto riguarda il teleconsulto in casi di epilessia, SLA, Alzheimer, e altre importanti patologie.
Al Massachusetts General Hospital queste pratiche sono diventate routinarie da tempo, ma non mancano ottimi esempi in Canada e in Spagna.
L’Ospedale Valduce di Como ha da tempo avviato un servizio di teleconsulto finalizzato a ridurre il ritardo nella gestione iperacuta dell’ictus cerebrale, garantendo un trattamento appropriato in remoto capace di eliminare il “tempo morto” conseguente allo spostamento del paziente.
L’ASST Ovest Milanese (Legnano) ha attivato un servizio di teleconsulto per pazienti Stroke capace di mettere in collegamento istantaneo (H24) i neurologi con le strutture ospedaliere periferiche non sempre attrezzate con una Stroke Unit.
L’unità di teleconsulto è trasportabile e può quindi essere portata a bordo letto paziente. Riceve immagini e segnali dai dispositivi (stetoscopio, oftalmoscopio, otoscopio, ecotomografo, ecc.) e le condivide in tempo reale col neurologo remoto. E’ ovviamente dotata di videocamera e microfono per consentire dialoghi e condividere immagini “in diretta” del paziente.
Cominciano a diffondersi anche le applicazioni per la teleriabilitazione neuromotoria di pazienti ischemici in dimissione, basate sull’utilizzo di TV e tablet associati a sensori e videocamera. Sono possibili esercizi di recupero articolare, recupero stenico, della coordinazione, di inibizione della spasticità. Come esperienza italiana in quest’ambito, interessante il progetto “DoMoMEA” avviato in Regione Sardegna. Il sistema sfrutta sensori inerziali, depth-camera ed ausili sensorizzati per l’analisi quantitativa del movimento del soggetto durante l’esercizio riabilitativo, fornendogli feedback di vario tipo (visivi, uditivi e vibro tattili). Il paziente è coinvolto nella sua riabilitazione grazie a interfacce semplici implementate su Tv o tablet mediante, che implementano l’approccio dell’exergaming per una maggiore partecipazione e una riduzione degli abbandoni. Gli esercizi comprendono componenti di recupero articolare, recupero stenico, della coordinazione, di inibizione della spasticità (se presente).
In diabetologia si è già decisamente molto più avanti nella diffusione di piattaforme e servizi di telemonitoraggio dei pazienti con misurazione sistematica dei valori ematochimici e sistemi di teleconsulto di tipo “decisionale” attraverso i quali il diabetologo procede agli eventuali aggiustamenti terapeutici necessari.
L’emergenza COVID-19 sta generando un rinnovato e generalizzato interesse per la telemedicina, in considerazione della necessità di muovere il meno possibile pazienti domiciliari spostando in Rete quante più prestazioni possibile.
In conclusione, le tecnologie necessarie sono ampiamente disponibili a costi sopportabili e possono essere applicate – come si è già detto – praticamente a tutte le specialità mediche. Si deve trovare la sensibilità al tema presso i decisori, a partire dalle Direzioni Strategiche. Molte Regioni hanno programmi di finanziamento all’innovazione che possono rappresentare un ottimo canale di approvvigionamento finanziario. Ma serve crederci davvero.
Persiste, nonostante alcune Regioni abbiano normato in senso positivo, l’antico problema del mancato riconoscimento del DRG negli interventi di telemedicina. Ci si augura che il problema sia risolto in tempi brevi e si possa quindi avviare un circolo virtuoso di adozione massiva, superando le iniziative a macchia di leopardo e la fase della “sperimentazione continua”.
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